Quei meschini allora cominciarono ad anelare più degli altri di torsi da dosso quel governo; e però molti di buona voglia entrarono nella cospirazione.
Il gran cancelliere, che non dormiva sugli andamenti dei nemici suoi, convocò il parlamento: il gran protonotajo, convinto del suo delitto, fu carcerato; il vescovo di Girgenti, vistosi a mal termine, fuggì a Girgenti, ove cercò di ribellare gli uomini di quelle parti; ma soprappreso dal giustiziere della provincia, provato dal parlamento il suo delitto, fu chiuso nel Castello di Sammarco; il gaito Riccardo, per la protezione della regina, non fu carcerato, ma in quella vece fu arrestato nel real palazzo, col divieto di conversare coi soldati.
X. - In questo, il rapace Quarrel, lungi di partire al più presto e menar seco il conte dì Montescaglioso, come gli si era ordinato, si stava in Messina ad estorquere danaro a tutti quei mercatanti, che quindi si recavano in levante. Il popolo, non potendone più, tolta occasione da una rissa tra Greci e Francesi, compagni di lui, levatosi in capo, corse a Reggio ed a Taormina e ne trasse i conti di Montescaglioso e di Molise. Assalita poi la casa, ove il Quarrel al primo destarsi del subuglio s’era ritratto, ne lo trasse fuori, lo condusse per la città sur un asino, l’uccise, lo fece in pezzi e tale vi fu, che lambì il sangue che grondava dal pugnale, con cui lo avea trafitto.
Giunto in Palermo l’annunzio di tali avvenimenti, voleva il gran cancelliere correr diviato ad assalire Messina e punire i sediziosi; ma non si volle far mossa prima del giorno che sarebbero per indicare gli astrologhi, i quali erano forse indettati co’ capi della cospirazione.
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