Ma invece del giorno fausto ne sopravvenne uno infestissimo. Il gran protonotajo ed il gaito Riccardo ribellarono i servi del palazzo, i quali sparsi per la città levarono la marmaglia a tumulto. Si corse ad assalire il palazzo arcivescovile; ma i Francesi, che lo guardavano, resero vano ogni sforzo per espugnarlo; il gran cancelliere con i baroni, ch’erano dalla sua, ed ad alcuni Francesi, si ritrasse nel campanile del duomo; le truppe regie, comandate dal gran contestabile, ch’erano occorse per sedare il tumulto, furono volte in fuga; il gran protonotajo ed il gaito Riccardo, venuti fuori dalla prigione, fecero per la città suonare le trombe di guerra; a quel suono cristiani e saracini, credendolo ordine del re, accorrevan da tutte le parti ad ingrossar la torma degli assalitori; nel tempio stesso, ove i sediziosi, sfondatone od incese le porte, eran penetrati, acremente si pugnò; ma non venne facile del pari espugnare il campanile; finalmente i capi della cospirazione, temendo non la furia del popolo venisse ad intepidire e l’autorità del re a prevalere, proposero patti di pace, che furono accettati: il gran cancelliere si mettesse tantosto in barca per andarne in Siria; imbarco fosse procurato a tutti i francesi seco venuti; non fosse recata veruna molestia ai baroni siciliani, che avean seguito la sua parte. Giurate tali condizioni da Riccardo Palmeri, dal gran protonotajo, dal gaito Riccardo, da Romualdo arcivescovo di Salerno e Giovanni vescovo di Malta, capi della cospirazione, il gran cancelliere venne fuori, e condotto al lido, fu posto sopra una galea già preparata.
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