L’Inghilterra, che nutrì voi fanciullo, nutrisca me vecchio. Facci Dio che voi, padre, lasciaste codesta terra montuosa e mostruosa, e ritornaste alla dolcezza del clima natìo (284).»
XI. - Le idee del dabben’uomo erano travolte dalle perturbazioni, di cui era stato spettatore: nè queste cessarono dopo la sua partenza. Sopraggiunti i conti di Montescaglioso e di Molise, ai quali s’era unito Rugiero conte di Geraci, cancellate le sentenze contro loro proferite, tornarono nella grazia del re. Gentile vescovo di Girgenti fu richiamato. Il governo venne in mano di dieci ministri, ch’erano gli autori della rivoluzione; Riccardo Palmeri, Gentile vescovo di Girgenti, Romualdo arcivescovo di Salerno, Giovanni vescovo di Malta, i conti di Geraci, di Molise e di Montescaglioso, il gran protonotajo Matteo, il gaito Riccardo e Gualtiero decano di Girgenti, precettore del re. Primo pensiero di costoro fu d’espellere dal regno il conte di Gravina e ’l conte d’Andria, suo figliuolo. Fu stabilito di rimandarli senza molestia, se di queto s’allontanassero; stringerveli colla forza, se volessero difendersi. Quelli abbandonati da tutti, dato in mano del conte di Fondi i loro tesori, andarono via; nè guari andò, che l’antico conte di Lorotello ebbe la grazia del ritorno, e, non che gli fu restituita la sua contea, ma ebbe concessa anche l’altra di Conversano. Ugone conte di Catanzaro, anche consanguineo dell’espulso gran cancelliere, fu il solo che non ebbe molestia, per essere un bietolone, da cui nulla era da temere.
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