Pochi giorni dopo i canonici di Palermo scelsero in arcivescovo l’inglese Gualtiero Offamill, decano di Girgenti, che uno dei ministri era. La regina e tutti gli amici di Stefano speravano che il papa non avrebbe confermata la nuova scelta, ed a tale oggetto avea mandato a Roma settecent’once; ma il papa, che non volea disgustare i baroni siciliani, dai quali altronde ben altro danaro era stato offerto (285) di che gran bisogno avea, per difendersi dall’imperadore Federigo Barba-rossa, confermò la scelta. Ma le speranze della regina per lo ritorno di Stefano andaron tutte perdute, quando giunse la notizia della sua morte.
Pur comechè l’oligarchia sembrasse allora solidamente stabilita; breve durò. Il nuovo arcivescovo di Palermo, che godeva l’intera fiducia del re, già presso ad uscir di tutela, ebbe egli solo tutta l’autorità, e da lui dipendenti restarono Matteo d’Ajello già gran protonotajo, il quale restò ad esercitare la carica di gran cancelliere col titolo di vice-cancelliere, e Gentile vescovo di Girgenti.
XII. - Alle civili dissensioni tennero appresso spaventevoli fenomeni fisici. Addì 4 di febbraro del 1169 un fortissimo terremoto scosse la Sicilia e la vicina Calabria; Catania ne fu interamente distrutta, quindicimila persone restarono sepolte sotto le rovine, e fra questi il vescovo con quarantacinque dei suoi monaci; Lentini e molte castella tra Siracusa e Catania patirono la stessa sventura; il castello di Siracusa quasi interamente andò giù; le acque d’Aretusa indi in poi vennero torbide e salmastre; la copiosissima sorgente di Tavi, onde derivano i fiumi Dittaino e Sanleonardo, per due ore non mandò più acqua, che poi ricomparve per alcun tempo sanguigna; il mare di Messina, ritiratosi prima, ringorgò con tal’impeto, che, superato il lido e le mura stesse della città, dilagò per le strade; il vertice dell’Etna, dal lato di Taormina, fu visto più basso (286). Fu questa l’ultima delle calamità, che afflissero allora la Sicilia.
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