Di tal convenzione fu fatta scrittura, ed i magnati delle due corti ne giurarono l’osservanza per parte dei due re.
L’inverno già inoltrato non permise ai re di Francia e d’Inghilterra di rimettersi in mare. Nel calen di marzo 1191 re Riccardo venne in Catania, per adorarvi le reliquie di Sant’Agata; Tancredi, che colà era, venne fuori ad incontrarlo; assieme andarono al tempio; assieme abitarono con gran dimestichezza tre dì e tre notti; il re siciliano regalò all’inglese arredi d’oro e d’argento, sete e cavalli; per soccorrerlo poi nella santa spedizione gli fece dono di quattro grandi navi, che si dicevano ursieri e quindici galee; nè altro volea in contraccambio che un piccolo anello d’oro in segno della scambievole amicizia; ma re Riccardo volle regalargli la famosa spada, che gl’inglesi chiamavano Caliburne, ed era stata di Arturo antico re dei Brettoni, modello di tutti i cavalieri erranti ed eroe di tutti i romanzi del medio evo.
Quando poi re Riccardo riprese la via di Messina, Tancredi l’accompagnò sino a Taormina. Prima di separarsi, a lui mostrò una lettera del re di Francia, recatagli dal duca di Borgogna, nella quale gli proponea d’assalire colle loro forze unite, alla sprovveduta l’esercito inglese e distruggerlo. Riccardo che com’era avventato, era pure generoso e leale, non potè indursi a dar fede a quel tradimento di Filippo «Io» disse a Tancredi «non sono mai stato, non sono, nè sarò traditore; non romperò mai, finchè viva, la pace con voi fatta; e non posso credere che il re di Francia v’abbia scritto tale lettera, essendo egli mio signore e mio consorto giurato nella santa impresa.
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