Fu vana ogni opera dei Tedeschi per espugnarla; nè aveano speranza che la città potesse finalmente esser vinta dalla fame; dachè l’ammiraglio Margaritone, malgrado le armate di Genova e di Pisa, entrava e venia fuori a posta sua dal porto di Napoli e v’introducea viveri, munizioni, armi soldati e quant’altro facea mestieri per la difesa della città.
Durante quell’assedio, Salerno aprì le porte allo Svevo, il quale vi venne a lasciare la regina Costanza e poi tornò a stringer Napoli, ove, lungi di fare alcun frutto, avea perduto, pei continui conflitti, pei calori della state già inoltrata, per l’aria malsana, il fiore della gente sua. Vi erano periti frai comandanti Filippo arcivescovo di Colonia e Otone duca di Boemia; Arrigo stesso ne ammalò; per lo che, desertati del tutto i dintorni della città, lasciato a custodir Capua Corrado Mosca-in-cervello, e Rocca d’Arce un Diopoldo, menando seco l’abate di Montecasino e molti dei maggiorenti di Sangermano, che tenne stadichi nelle città da lui espugnate, restando la regina in Salerno, coll’avanzo dello esercito si tornò in Germania.
Non sì tosto s’era egli dilungato, che il conte dell’Acerra venuto fuori di Napoli, corse ad assediare Capua. Il Mosca-in-cervello, che difendeva la piazza, non potendo tenerla a lungo, per la scarsezza dei viveri, la rese, a patto di andarne libero col presiduo. Aversa, Teano e Sangermano tornarono all’ubbidienza del re. Lo stesso fece il conte di Molise, che fu dal re destinato al comando di Sangermano.
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