Venne il conte dell’Acerra in Montecasino, per indurre alle buone il guerriero decano a darsi al re; ma vane furono le preghiere, vane le minacce di lui, vana l’autorità stessa di papa Celestino, che scomunicò quel monaco e sottopose all’interdetto il monastero.
VI. - I Salernitani in questo, ch’erano stati dei primi a darsi allo Svevo, visto prosperar di nuovo la sorte del re, per cattarne la grazia, presa la regina Costanza, che in Salerno, era, la menarono in Sicilia ed a lui diedero in mano. Arrovellava Arrigo, saputa la prigionia della moglie. Non era lieve, e poteva essere pericoloso per lei, l’imprendere a riaverla di forza; però tentò il solo mezzo, che poteva tentare d’indurre papa Celestino ad ottenere la libertà di lei. È veramente da maravigliare, che quel pontefice, che tanta burbanza avea mostrato nel coronare Arrigo e tanto avverso si era fatto vedere ai progressi delle armi alemanne nella bassa Italia, si sia poi indotto a pregare Tancredi a mettere in libertà quella sovrana; ma è anche più che da maravigliare che Tancredi, più generoso che consigliato, la rimandò libera. «Se i principi d’oggidì» dice, narrando tal fatto, il Muratori (300) «trovandosi in situazione tale, fossero per privarsi con tanta faciltà e senza alcuna propria utilità di una principessa, che seco portava il dritto sopra la Sicilia, lascerò io che i saggi lettori lo decidano.»
Il feroce decano di Montecasino intanto, spalleggiato dalle forze tedesche lasciate in alcune piazze, e poi fatto più forte dall’arrivo del suo abate Roffredo, menato prima di Arrigo in Germania e poi ritornato alla testa d’un’esercito, sosteneva oltremare le parti dello Svevo.
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