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      » Nè contento a tal manco di fede, li spogliò de’ privilegî concessi loro da Rugiero I, dei quali aveano sempre goduto.
      Ottenuto così quanto bramava, re Arrigo, menando seco la famiglia detronizzata e gli altri prigioni, unitamente ai tesori ed a tutti i preziosi arredi da lui rinvenuti nel real palazzo di Palermo, lasciò la Sicilia per recarsi in Germania, ove lo chiamava l’ambizione d’assicurar l’impero al figliuolo Federigo, già natogli dalla regina Costanza in Jesi, città della Marca, addì 26 di dicembre 1194; e ben gli venne fatto. Gli elettori, guadagnati dall’oro menato a some da Sicilia, scelsero in re dei Romani il neonato principe.
      Soddisfatta l’ambizione, restavagli ad appagare la crudeltà e la vendetta contro l’infelice famiglia di Tancredi. Lo sciacurato re Guglielmo III fu chiuso nella fortezza d’Omburgo, ove fu accecato e castrato; l’infelice ragazzo non sopravvisse a lungo ai tormenti. La regina Irene, vedova del re Rugiero II, ebbe la sorte di piacere a Filippo duca di Svevia, che la menò in moglie. La regina Sibilla e le figliuole furono chiuse in un monastero della stessa città (302); altre carceri ebbero gli altri. Fu perdonato al solo grand’ammiraglio Margaritone, del cui servizio Arrigo avea mestieri; per che, non solo lo lasciò nella carica, ma gli concesse il principato di Taranto, col titolo di duca di Durazzo.
      Non guari andò che re Arrigo ebbe a fare ritorno in Sicilia. Il suo tradimento e la crudeltà sua verso l’innocente avanzo d’una famiglia, cara ai Siciliani; la ferocia e l’insaziabile rapacità del vescovo d’Hildessein, lasciato a governar la Sicilia; l’odio che sempre accompagna la nuova signoria, accresciuto dalla brutale licenza degli Alemanni; e soprattutto l’amore della propria indipendenza, forte in tutti i popoli, fortissimo ne’ Siciliani, sempre memori della passata loro grandezza, aveano reso detestabile il nome stesso d’Arrigo.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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