Ciò forte rincrebbe a tutti, e particolarmente al ricantato Marcaldo di Kallindin, il quale era stato tanto caro al morto re che lo avea fatto duca di Ravenna, marchese d’Ancona, lo avea investito della contea di Molise e d’altri amplissimi feudi. Sperava costui che per la morte di Arrigo sarebbe egli stato arbitro del regno. Fallitagli tale speranza, passato oltremare si levò in armi contro la regina; cercò di ribellare quei baroni; e ben trovò compagni negli altri Tedeschi. Per lo che la regina, non tenendo sicuro in mezzo a tale conflagrazione il figliuolo Federigo, che avea lasciato in consegna del duca di Spoleto, lo fece venire in Sicilia. Era egli allora dell’età di quattro anni, ed era stato poco prima colà battezzato da quindici vescovi. E, perchè allora ogni re di Sicilia che veniva al trono, chiedea l’investitura di quelle provincie oltremare che si teneano feudi della Chiesa, la regina spedì in Roma l’arcivescovo di Messina a farne la richiesta.
X. - Era allora morto il vecchio Celestino III, ed era stato eletto Innocenzio III dell’età di 37 anni, il quale, tosto come giunse al papato, coll’ardore proprio dell’età, s’era dato a ricuperare tutte le provincie e tutti i dritti, ch’ei diceva di essere stati usurpati a suoi predecessori. Per tal ragione quando l’arcivescovo di Messina richiese l’investitura, rispose, che non sarebbe mai per accordarla, se prima la regina non rinunziava al trattato conchiuso nel 1156 in Benevento tra papa Adriano IV e re Guglielmo I, nel quale si dilucidava il privilegio dell’apostolica legazione concesso da Urbano II al conte Rugiero.
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