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      La spada del conte Rugiero spogliò la Sicilia di quella sopravveste; ma sotto a quella non un solo popolo si trovò, ma una congrega di genti l’una all’altra straniera. Fondere quei diversi elementi e farne senza violenza, un sol popolo, ridestare lo spirito pubblico, presso che spento, addrizzarlo a grandi imprese, fu opera dei principi normanni. I parlamenti di Salerno e di Palermo rilevarono dopo dodici secoli il trono di Gerone, e quel trono più luminoso ne venne. Certo non è da paragonare la condizione, in cui erano stati i siciliani sotto Gerone, a quella in cui furono sotto i re normanni; ma se nella prima epoca la Sicilia fu colta, ricca e potente, colta del pari era la Grecia, del pari ricca Cartagine, Roma potente del pari; ovechè nella seconda età pochi stati vincevano il regno di Sicilia in potenza, nessuno in ricchezza e civiltà; ne fan prova gli stranieri di gran nome che da tutte le provincie di Francia, dalla Spagna, dall’Inghilterra accorrevano in Sicilia, e vi trovarono onorevole stanza. Se allora il mondo fu stupito dalla temeraria impresa d’Agatocle di portar le armi in Affrica, i principi normanni, non che sottomisero le stesse provincie, ma portarono più volte gloriosamente la guerra in oriente; nè le armate siciliane furono meno numerose e men temute nella seconda che nella prima epoca. Noi ammiriamo ora con compiacenza gli avanzi delle opere erette in Sicilia nell’epoca greca, alle quali con tutta ragione diamo la preferenza sopra quelle dell’età posteriori; ma questa preferenza torna a lode, non di coloro dai quali furono erette, ma del secolo in cui vissero; ai principi si appartiene la gloria d’esser magnifici nelle opere loro, e tale gloria è dovuta ai principi normanni quanto ai greci; grandiosi modelli delle greche arti sono i tempî di Selinunte e d’Agrigento; modelli delle arti del medio evo sono i tempî di Cefalù e di Morreale.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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