Nè, per quanto l’età il comportava, le scienze ebbero meno onorevole stanza in Palermo nel XII secolo, di quella che avevano avuta nei tempi andati in Siracusa; re Rugiero ed i suoi successori si recavano a gloria di chiamare alla loro corte da tutte le parti uomini insigni per sapere; tali furono Gualtiero Offamill, Pietro di Blois, Ugone Falcando. Indi nacque la moltitudine degli storici che impresero a narrare le azioni di quei principi; Goffredo Malaterra. Guglielmo di Puglia, l’abate Telesino, Lupo Protospata, Romualdo arcivescovo di Salerno, il Falcando stesso, Falcone da Benevento, oltre un gran numero di anonimi.
Ma il bene veramente grande fatto dai principi normanni alla Sicilia, per cui la memoria loro sarà sempre cara ai Siciliani, fu l’aver dato al regno una forma stabile di governo. Vero è che la costituzione di re Rugiero potrebbe oggi essere difettata di essere stati i pubblici consessi affatto feudali e niente nazionali; ma ciò forse non era difetto in quell’età, in cui il popolo, rude e senza proprietà, poteva fare più presto male che bene. Non era allora la forza pubblica affidata a mani mercenarie, nè gli uomini correvano alle armi, come una volta, in difesa della patria libertà; il dritto di portar le armi era addetto al possedimento di alcuni fondi; e quei pochi, nelle cui mani questi erano, costituivano nel fatto la nazione. Ma ognuno di quei pochi traeva appresso uno sterminato codazzo di dipendenze; per lo che le loro idee, i pregiudizi loro, il privato loro modo di vivere vennero a formare il carattere della nazione.
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