Dati quei provvedimenti, il pontefice fece ritorno in Roma (307). È questo il proprio esempio, che offre la moderna storia di Sicilia, di essere il popolo chiamato ad intervenire nei parlamenti, ma non perciò è da credere che sin d’allora avesse avuto luogo questa grande innovazione nel dritto pubblico siciliano. Fu quella un’adunanza straordinaria, come straordinarî erano i disordini, chiamata da un’autorità straniera. In un momento, in cui i baroni si dilaniavano fra essi, ed il popolo era vittima e strumento della violenza loro, il pontefice volle riunire tutti coloro ch’erano al tempo stesso oppressori ed oppressi, per dettar loro il riparo ai mali che tutti soffrivano, finchè il re avesse coi mezzi legali fatto valere la sua autorità.
II. - Conchiuso il parlamento, il pontefice scrisse al re già entrato nel XIV anno, d’esser finita la sua balìa; lo confortava a regger da sè gli stati suoi; lo consigliava di ammogliarsi; gli proponeva Costanza, figliuola di Alfonso II re d’Aragona. Seguì il re quel consigliò. Proposto e conchiuso quel maritaggio, la sposa, condotta dalle galee siciliane, accompagnata da Alfonso conte di Provenza suo fratello e da numeroso corteo di nobili Aragonesi, giunse in Palermo nel febbraio del 1209. Tutti gioivano allora in Palermo; ma la gioia tornò in lutto per una malattia endemica, che s’introdusse nella capitale, di cui molti morirono e fra gli altri il conte di Provenza. La corte, per fuggire il male, venne a stabilirsi in Catania. Cessata la moria, re Federico fece ritorno in Palermo, e, tutto giovane ch’era, cominciò a dare buon saggio di se nel reggimento del regno, e sin d’allora cominciò a mostrarsi amante delle lettere e dei letterati e promotore delle utili discipline.
| |
Roma Sicilia Costanza Alfonso II Aragona Alfonso Provenza Aragonesi Palermo Palermo Provenza Catania Federico Palermo
|