Già vennero a cozzare il sacerdozio e l’impero; il cozzo fu in tanto più veemente, in quanto gli animi vennero esacerbati dall’armamento delle fazioni, che allora sursero e gran tempo lacerarono l’Italia.
Le due fazioni, che aveano scissa la Germania, per le gare tra la casa di Sassonia e quella di Svevia, vennero allora ad allignare in Italia, perchè delle città italiane alcune parteggiavan per Otone, altre per Federigo; ma nel cambiar suolo cambiarono nome ed oggetto. Guelfi cominciarono a dirsi gli uni, Ghibellini gli altri (311); nè si trattava più delle ereditarie nimicizie tra due tra due famiglie sovrane, che lottavano per l’impero, ma della guerra tra l’ecclesiastica e la civil podestà. I romani pontefici, capi dei Guelfi, dopo d’aver fatto ogni sforzo per sottomettere in tutto e per tutto l’autorità sovrana alla loro, s’accinsero a cacciar dall’Italia gl’imperadori, e questi voleano ristretto il ministero de’ papi alle sole spirituali attribuzioni. I papi che mettevano avanti le solenni parole di Chiesa e d’indipendenza italiana, avean per essi il popolo e le città libere, la cui libertà era, come i dritti pontificii, mal sicura, finchè gl’imperiali avessero potenza in Italia; ma i baroni e tutti i piccoli principi che colla caduta dell’autorità imperiale temevan di perdere le loro signorie, erano per lo più ghibellini.
Un’infinita moltitudine poi seguiva l’una e l’altra parte senza scopo, senza interesse, senza ragione, o per seguire l’amico ch’era dell’una, o per avversare il nemico, ch’era dall’altra parte.
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