Ad onta di tal giuramento, Federigo, per quanto appare tutt’altro avea in animo che il dilungarsi dagli stati suoi, e ne avea ben d’onde, che la sovrana sua autorità era a que’ dì minacciata da papa Onorio, che voleva esercitare nel regno un supremo potere, altamente offensivo de’ diritti incontrastabili della sua corona, e delle città guelfe di Lombardia, che miravano a ridursi all’atto indipendenti. Vacavano allora cinque sedie vescovili nel regno; il papa di sua sola autorità, senza consenso o notizia del re, ne destinò i vescovi. Federigo ordinò, che que’ nuovi prelati non fossero riconosciuti ed ammessi nelle chiese loro assegnate (316). Più difficile era il ridurre all’obbedienza i guelfi di Lombardia, e questa impresa fu alcun tempo sospesa per lo maritaggio del re.
VI. - Era già da marito la nuova sposa. Federigo spedì a lei in Siria l’arcivescovo di Capua con 14 galee. Ricevuta la corona del regno in Tiro, si mise in mare e nel novembre del 1227 giunse a Brindisi, ove seguirono le nozze nacque la ministà tra Federigo e ’l suocero. Il primo si fece tosto riconoscere dai nuovi sudditi re di Gerusalemme, e persone sue mandò in Siria a governar per lui le poche città che restavano in quel regno non sottomesse dai musulmani; e ben altra onta fu Federigo per fare al suocero. Era fra gli altri baroni di Siria, venuti a cortear la regina, Gualtiero conte di Brenna, nipote del già re Giovanni, figliuolo di quel Gualtiero che da papa Innocenzio III era stato investito della contea di Lecce e del principato di Taranto pe’ dritti della moglie, figliuola del re Tancredi; però s’era in lui trasfuso il dritto che il padre potea vantare sul regno di Sicilia.
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