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      I papi, soggiungea, per cupidigia di denaro volevano rendere tutti i regni tributari in Roma; ed in prova adduceva gli esempi del re d’Inghilterra Giovanni, che fu scomunicato e vi stette finchè non si sottopose ad un tributo, e del conte di Tolosa, i cui stati furono sottoposti all’interdetto, per ridurli alla stessa servitù; e qui soggiungeva altre virulenti querele contro la romana corte (324). Ecco, diceva, i costumi dei prelati romani, ecco i lacci, che tendono per ismunger denaro, soggiogare i liberi, inquietare i pacifici; pecore all’esterno, lupi rapaci in cuore, che mandano per tutto legati con facoltà di scomunicare, sospendere, punire, non per seminare la parola di Dio, ma per estorcer danaro, raccogliere e mietere ciò che non han seminato (325). Sulla povertà e la semplicità era fondata la primitiva chiesa, quando feconda partoriva i santi; nè può essa avere altro fondamento che quello datole da Gesù Cristo; e se gli ecclesiastici sono oggi tanto cupidi di ricchezza, è ben da temere, che per la ricchezza l’edifizio della chiesa ruini (326).
      A tale violento manifesto tenne dietro nel 1228 una bolla di papa Gregorio forse non meno violenta, colla quale fulminava contro Federigo una terza scomunica e dichiarava sciolti dal giuramento di fedeltà tutti i sudditi suoi, particolarmente quelli di Sicilia e di Puglia. Ma quest’arme che avea gran forze contro i principi deboli od odiosi, nulla valse contro Federigo, il quale in quell’anno stesso chiamò a parlamento in Capua tutti i conti del regno; ed ivi impose per l’impresa di Terra-santa la gravosissima tassa di ott’once d’oro per ogni feudo, ed un milite per ogni otto feudi, da esser presto nel maggio che era per sopravvenire, ed all’oggetto stesso intimò una dieta di vassalli dello impero da riunirsi nel marzo di quell’anno in Ravenna (327). Ma tale dieta non potè aver luogo, perchè il papa ed i guelfi di Lombardia tenevano il passo, non che a coloro, che colà si recavano, ma a tutti i crocesignati d’oltremonti, che venivano ad aver parte alla spedizione (328). Nè contento a ciò papa Gregorio, ordinava a tutti gli ecclesiastici del regno di non pagare i tributi loro imposti per quella spedizione; ma, buono o mal grado, e’ li pagavano.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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