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      Federigo in questo, ad onta di tutte le difficoltà, sollecitava gli appresti; già nell’aprile di quell’anno avea spedito in Siria cinquecento militi sotto il comando del suo maliscalco Riccardo Filingeri (329). Poco appresso, per far conoscere ai sudditi in modo legale e solenne l’ultima sua volontà, convocò a parlamento in Barletta tutti i conti, i baroni ed prelati del regno. Tanto salda era l’autorità di quel principe, malgrado le bolle di papa Gregorio, che alla sua voce corsero i sudditi in sì gran numero, che l’adunanza ebbe luogo a cielo aperto. Ivi da una bigoncia a bella posta eretta dichiarò: essere suo volere che durante la sua assenza si vivesse da tutti con quella pace e tranquillità che si godea sotto il re Guglielmo II; lasciava bailo a governare per lui Rinaldo duca di Spoleto; disponeva che nel caso di sua morte a lui succedesse nello impero e nel regno Arrigo suo figliuolo; e morendo costui senza figli legittimi, l’altro figliuolo Corrado, e mancato questi, gli altri suoi figli legittimi; ordinò finalmente che i sudditi non fossero gravati di tributi, se non per causa d’utilità pubblica. La osservanza di tali disposizioni fu giurata dal duca di Spoleto, dal conte Arrigo di Morra, gran giustiziere di Puglia e da altri distinti personaggi.
      VIII. - Non guari dopo la conchiusione di quel parlamento ebbe il re imperadore a soffrire la perdita della sua seconda moglie, dalla quale avea avuto il figliuolo Corrado. Nel giugno del 1228 ogni cosa era presto; Federigo si mise in mare.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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