Giovanni e gli altri capitani delle papali milizie metton foco alle case e alle campagne; portan via le robe e gli armenti; tormentano in mille modi gli uomini che prendono, per trar da loro gravosissimo ricatto; non perdonano ad alcun sesso; non rispettano nè le chiese nè i cimiteri; prendono le terre e le castella senza alcun riguardo all’esser voi in servizio di Gesù Cristo; e se alcuno fa menzione dell’imperadore, Giovanni di Brenna risponde non esservi altro imperadore che lui. Maravigliano gli amici vostri, e particolarmente il clero del vostro impero, con che mente, con che coscienza possa il romano pontefice muover le armi contro i cristiani, avendo il Signore detto a S. Pietro: riponi la spada nel fodero (335).» Ma papa Gregorio non volle riporre nel fodero la spada sua, comechè Federigo avesse già tolto ogni apparente ragione di querela col riacquisto di Gerusalemme; anzi da ciò trasse nuovi pretesti per fargli guerra.
Avea il re imperadore, dopo il suo ingresso in Gerusalemme, dato conto al pontefice stesso ed a tutti i principi d’Europa del buon successo della sua impresa. Lo storico inglese Paris ci ha conservato la lettera diretta ad Arrigo III re d’Inghilterra (336), nella quale Federigo espone il trattato conchiuso col suldano e tutte le condizioni di esso. Il papa non volle pur leggere la lettera a lui diretta; anzi spedì in Inghilterra un suo nunzio a raccorre la decima, da lui imposta a quel regno, per sostenere la guerra da lui impresa. Per costui mezzo fece pubblicare in Inghilterra, come avea fatto per tutta Europa, un manifesto, in cui enumerava le colpe di Federigo.
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