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      Ricevuto l’avviso dell’invasione dell’esercito pontificio, re Federigo imperadore non istette a badare. Nel maggio del 1229 fu di ritorno, quando i suoi nemici men lo aspettavano e facevano correr voce della sua morte. Sua prima cura fu di spedire al papa gli arcivescovi di Reggio e di Bari e il gran maestro de’ Teutonici, per chiedere in suo nome colle più rispettose espressioni l’assoluzione della scomunica. Papa Gregorio, che per li progressi dell’esercito suo in Puglia, credeva già arrivato il momento di veder quel principe affatto umiliato deporre le corone a’ suoi piedi, non volle dare ascolto agli ambasciatori. Ma Federigo non torpeva. Alla sua voce accorrevano li baroni di Sicilia e di Calabria; chiamava un corpo di Saracini da Aversa; ed in quel punto soprarrivarono le schiere alemanne, che seco menate avea in Palestina. Con queste forze, unite a quelle che tenevan la campagna sotto il comando del duca di Spoleto e degli altri baroni, fu a fronte dell’esercito pontificio, che cominciò ad indietreggiare. Giovanni di Brenna, all’avvicinarsi dell’esercito di Federigo, sciolto l’assedio di Capua, che impreso avea, dato foco alle macchine più che di pressa si ritirò in Sangermano. Il cardinale Colonna, col pretesto d’andar per danaro, lasciò l’esercito e venne a Roma. Mentre la fortuna di papa Gregorio dava la volta da questo lato, sì che il re imperadore veniva rapidamente riacquistando il paese perduto, danni più gravi gli erano minacciati dai ghibellini romani, suscitati da Federigo, il quale mentre combatteva, vinceva, tramava, veniva predicando se non aver colpa alla guerra; volerla ostinatamente il papa; aver egli mandato a lui suoi ambasciatori chieder pace, che, malgrado la dignità delle persone, non aveano avuto ascolto; esser lui sempre pronto a posar le armi e rimetter le sue contese col papa al giudizio del patriarca d’Aquilea, dell’arcivescovo di Salisburgo, del vescovo di Ratisbona e de’ duchi d’Austria, di Dalmazia e di Istria.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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