Comechè per l’ignoranza dei tempi queste verità evidentissime non fossero state generalmente conosciute in Europa, in quella vece il sentimento della sicurezza propria facea pendere i principi ed i maggiori prelati in favore di Federigo più presto che del papa: sia, dicevano eglino, quanto si voglia Federigo degno d’esser privato d’ogni autorità: se il papa giungerà a deporlo affatto, la Corte romana, abusando di una tal facoltà, potrà in appresso per ogni lieve cagione cacciar dal suo trono o dalla sua sede ogni altro principe o prelato, anche innocente e giusto; e fino i plebei romani quindi innanzi potranno dire: noi abbiamo deposto lo stesso Federigo potentissimo principe: chi sei tu che temerario osi a noi resistere (360)?
Vano fu il timore. Papa Innocenzio null’altro potè ottenere che il destare una conflagrazione generale in Germania ed in Italia. Città furono da per tutto prese, riprese, arse, saccheggiate, demolite; le campagne venivano dall’una e dall’altra parte con pari ferocia devastate; il re Enzio, caduto in mano dei Bolognesi, vi restò prigione finchè visse; lo stesso re imperadore fu ad un pelo di esser preso da’ Cremonesi; sciolti i più sacri vincoli, rotto il pubblico costume, perduto ogni pudore, i più eminenti personaggi tradivano gli amici, si gettavano ai nemici, secondo che tornava lor pro; il cardinale Giovanni Colonna, rinnegato il papa, consegnò a Federigo le città e le castella che avea avute in custodia; i marchesi di Monteferrato e di Malaspina ed i signori di Vercelli e d’Alessandria da ghibellini, ch’erano, tornarono guelfi; lo stesso Pietro delle Vigne, ministro confidente, amico del re imperadore, corrotto, come si disse allora, da’ doni e dalle larghe promesse del papa (361), cercò di avvelenare il suo signore, il quale, avvertito della trama, ordinò al medico, che con Pietro gli presentava come medicina la mortifera pozione, di berne prima una metà; confuso colui finse di cadere e versò in terra tutto il beveraggio; il poco che restò fu fatto bere ad alcuni dannati a morte, i quali dopo spirarono; il medico fu di presente impiccato, Pietro delle Vigne, accecato prima, fu condotto di una in altra prigione per l’Italia, finchè temendo di esser dato in mano de’ Pisani che l’odiavano, come Federigo diceva di voler fare, si uccise, dando del capo nella colonna, alla quale stava incatenato.
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