Gli abusi dell’autorità temporale, che i papi si credevano in dritto di esercitare sui regni della terra, erano giunti a tale, che, senza una straordinaria resistenza tutti i sovrani d’Europa sarebbero divenuti vicerè amovibili a senno dei papi. Federigo ebbe senno e cuore d’opporre tale resistenza. «La mia causa è vostra» scriveva egli sempre a tutti i principi d’Europa, e ben s’apponea. Papa Innocenzio IV avea ridotto le cose in tali estremi, ch’era mestieri vincere o perder tutto. Nè saprebbe dirsi come sarebbe finita la gran contesa, se morte immatura non avesse troncato i giorni di Federigo. La sua morte non diè fine alla contesa. I papi trascinati dal movimento generale, al quale aveano dato la prima pinta, non potevano, anche volendo, tantosto arrestarsi; ma la contesa agitò d’allora in poi il solo regno di Sicilia, nè in alcun’altra parte si parlò più di scomuniche mal pensate, di deposizioni di sovrani. E quando poi le cose vennero ad acquetarsi anche in Sicilia, tranne la famosa partizione del nuovo mondo, i papi non misero più avanti pretensioni a disporre dei regni altrui. E di ciò devono saper grado a Federigo, non che la civile, l’ecclesiastica potestà; perocchè più liberi ne vennero i principi, per regolare l’interno reggimento dei loro sudditi, ed i pontefici posteriori sono stati più rispettati per le loro virtù e per la moderazione loro, che non lo furono i Gregori e gl’Innocenzi per le pretensioni di universale dominio. E se tanto deve la posterità essere riconoscente a Federigo per questa ragione, assai più esser lo deve per quei beni che recò alla Sicilia ed all’Europa in generale, dei quali siamo per far parola.
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