Il mietitore che voleva di più della mercede fissata, oltre alla perdita di essa, era punito colla multa del quadruplo (376).
Il bajulo nell’esercizio della sua facoltà giudiziaria era assistito dai giudici e dal notajo degli atti; ma i giudici, separatamente da lui non aveano altro incarico che il validare con la loro sottoscrizione i contratti che dai notaj si stipulavano. In ogni città del demanio erano tre giudici e sei notai, eccetto Napoli, Salerno e Capua, città allora tutte e tre più popolose delle altre, nelle quali si vede che fossero cinque giudici ed otto notai (377).
Restarono i bajuli, come lo erano stati, soggetti ai magistrati provinciali; e perchè doppio era lo incarico, l’esercizio della giurisdizione e la riscossione de’ tributi, furono per la prima parte soggetti ai giustizieri, ai camerarî per la seconda. Fu conservata ai giustizieri la giurisdizione criminale in tutti quei casi, in cui era da infliggersi la pena di morte e del troncamento d’alcun membro; e, perchè tra questi erano i grandi furti, fu definito, tali essere quelli, che oltrepassavano i venti agustali (378), ossia once due e tarì quindici d’oggidì. È questa una delle prove dell’alto valore della moneta in quell’età.
Restarono soggetti al giustiziero della provincia tutti i magistrati locali, e fin lo stratigoto di Messina, al quale, per ispecial privilegio, competea la giurisdizione criminale. La corte del giustiziero fu composta da un giudice assessore e dal notaio che stipulava l’atto del giudicato; ma restò l’antica consuetudine d’intervenire nei giudizî una giunta d’uomini probi (379).
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Napoli Salerno Capua Messina
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