Tutti i ricorsi al principe di qualunque natura, erano presentati al gran giustiziero, il quale, col consiglio dei suoi giudici provvedeva alle cose di giustizia e rimandava al gran cancelliere gli affari di grazia. Quindi fu disposto che egli avesse il suggello di giustizia, come da gran tempo il gran cancelliere avea quello di grazia. Comechè la gran corte si supponesse sempre a fianco del principe, in cui nome spediva gli ordini, pure era essa nel dovere di visitare ogni anno tutte le provincie del regno, per sorvegliare la condotta de’ magistrati locali; ovunque essa giungeva, l’autorità degli altri magistrati taceva; ordinava talvolta ai giustizieri provinciali ed ai camerarî decidere in sua presenza le cause pendenti; ma pe’ delitti commessi durante la sua dimora nel luogo, o poco prima, essa sola procedea; i condannati da essa a pene corporali, potevano appellarsi al principe, qualora si trovava nel regno, ma s’era fuori, si negava l’appello. Nè sopra i soli magistrati di giustizia si estendeva la giurisdizione della gran corte, quando visitava la provincia; dovea essa esaminare la condotta de’ secreti, dei castellani e di tutti coloro, che avevano l’amministrazione o la cura di cose appartenenti al fisco o al demanio (383).
Certo non poteva trovarsi modo più efficace di tenere a segno i magistrati tutti e far che le leggi avessero pronta e severa esecuzione, che il dare così ampia facoltà a quel supremo tribunale; ed alle facoltà che ad esso dava la legge, si univa l’alta dignità delle persone ond’era composto.
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