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      La carica di giudice della gran corte era allora una delle più eminenti dell’ordine pubblico; v’eran promossi uomini distinti per nobiltà, per sapere, per capacità; erano essi intimi familiari del principe; giudici della corte troviamo allora destinati a trattare i più importanti affari ed alle più alte ambascerie; quali essi erano, possiamo argomentarlo dal vedere che giudici della gran corte eran Pietro delle Vigne e Taddeo di Sessa che in grandissimo stato furono appo Federigo, il primo dei quali fu suo segretario e gran cancelliere, e stese ed ordinò tutta la legislazione sottoposta all’esame del parlamento di Melfi, ed ambi furono, una col conte di Tolosa, destinati ambasciadori al concilio convocato in Lione, per trattar la pace con papa Innocenzio IV. Lo stesso gran giustiziere del regno, che la legge chiamava specchio di giustizia, e maggior luminare dei magistrati, nulla poteva, separato da’ suoi giudici; essi conservavano il gran suggello e gli atti dei magistrati inferiori, contro i quali era proposto richiamo; esaminavano e decidevano essi tutte le contese; ma nessuno di essi poteva dalla tortura in fuori, fare alcun atto giudiziario, senza l’autorità del gran giustiziere; e tutti assieme non potevano profferire giudizio, se non uniti in corte e preseduti da quello: Che se nelle corti dei giustizieri, dei camerarî, de’ bajuli i giudici intervenivano da semplici assessori, ma il giudizio era proferito dal solo magistrato e da lui solo sottoscritto; i giudici della gran corte aveano facoltà propria di giudicare, i loro giudizî erano profferiti in nome di tutta la corte e da tutta la corte sottoscritti.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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