A togliere tale abuso, già introdotto, fu bandita legge severissima, colla quale si vietava la scelta di simili magistrati popolari, pena la desolazione alle città, la perpetua servitù ai cittadini, la vita a coloro che esercitavano alcun officio conferito dal popolo (429).
Per tal ragione nell’istituire i giurati Federigo non diede loro veruna giurisdizione, nè altre facoltà ebbero che lo scoprire le frodi degli artieri e de’ venditori e denunziarle, senza potere infligger la pena. E se chiamava in parlamento i rappresentanti de’ luoghi del demanio, non ai giurati, ma al bajulo, ai giudici, al popolo eran dirette le lettere di convocazione, nelle quali si dicea: Mandatemi due vostri nunzî, che per parte vostra veggano la serenità del nostro volto, ed a voi riferiscano la nostra volontà (430). Un tal linguaggio sente tutto il vigore della sovrana potenza, che volea imbrigliare il popolo, nell’atto stesso che lo elevava a maggior dignità.
XIV. - Dal fin qui detto è manifesto che Federigo, e per l’ordine giudiziario e pel politico, non informò un governo del tutto nuovo; ma volle con altre giunte e modificazioni consolidare la costituzione stabilita da Rugiero I. Lo stesso rispetto mostrò sulle prime di avere pei regolamenti di pubblica economia; e sempre dichiarava di non volere che i sudditi fossero gravati di pesi, oltre a quelli, ch’eran soliti pagarsi nel regno del buon Guglielmo II. E veramente sino al suo passaggio in Soria le sue promesse non andaron fallite. Ma dal suo ritorno d’oltremare, obbligato finchè visse dall’odio implacabile dei papi ad esser sempre in guerra, o per sottomettere i nemici interni, o per restringere gli esterni aggressori, posti da canto gli antichi statuti e le sue dichiarazioni, si diede a gravare i sudditi d’imposizioni straordinarie, come straordinarî erano gli sforzi che dovea fare.
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