Tale era la masserizia di quel principe, che fino scendeva alle più piccole minuzie. Scriveva una volta al segreto di Messina di curare che le serve addette al real palazzo di quella città, quando non aveano altro a fare, filassero o facessero altro lavoro, per non mangiare il pane ozioso (444): ordinò altra fiata al segreto di Palermo e di far costruire sotto il real palazzo, un sito detto la Minsa, un colombajo a nutrirvi le colombe (445). «Informati» scriveva allo stesso segreto d’ordine di Federigo Pier dalle Vigne «della quantità del frumento seminato dai massai, e del raccolto, per vedere se la produzione franca le spese; se essi ripongono il vino in botti pulite ed acconcie; se hanno sufficiente quantità di oche, galline, colombe, anitre, capponi e pavoni; se raccolgono le penne di tutto quel pollame, per farne coltrici (446).»
Dei fondi con tanta attenzione amministrati traeva quel principe straordinaria quantità di derrate e particolarmente di frumento. Sappiamo che un vasto tenimento dato a terratico (447) a que’ d’Eraclea, gli dava il profitto di seimila salme di frumento l’anno; un’altro podere presso Siracusa fu dato a censo per piantarvi un vigneto, dal quale traeva secento tarì d’oro e la decima parte del mosto; si parla nelle sue lettere di molini dati a fitto per frumento o denaro; in natura si pagava la gabella sull’asportazione del frumento, la quale era da prima la terza parte del frumento che si asportava; Federigo la ridusse alla quinta per la Sicilia e la Puglia, alla settima per la Calabria, la Terra di-lavoro, il principato di Capua e d’Abruzzo, perchè meno frumento vi si producea (448).
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