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      II. - Vuolsi che i tiranni avessero interdetto al popolo l’uso della parola in pubblico; per che gli uomini si comunicavano scambievolmente i pensieri co’ gesti e co’ salti onde ebbero origine la mimica e ’l ballo. Favola è questa; ma favola, che come tutte le altre, adombra una verità. L’arte del dire è l’ultimo raffinamento della civiltà. L’uomo col solo sforzo del suo ingegno può arrivare a conoscere le più grandi verità, basta la sola immaginazione per creare la poesia; ma è necessario lungo studio per trovare il modo di render gradevoli i propri pensieri senza il prestigio del verso, e saper disporre in modo la idea, che l’una derivi dall’altra, e tutte soccorrano a fare altrui convinti del proprio pensiero. Indi è che nella prima epoca si vedono poeti e filosofi; ma non s’incontra alcun’oratore; e ciò diede origine a quella favola. Cacciati poi da per tutto i tiranni e sostituitovi governi affato repubblicani, la necessità di persuadere la moltitudine fece nascere l’arte oratoria, che dalla Sicilia passò in Grecia.
      Corace da Siracusa fu il primo rettore di cui faccia menzione la storia; ma la sua rettorica consistea nell’arte di trovare sofismi più presto che argomenti, per invaghire avanti che persuadere. È celebre il dilemma, proposto dal suo discepolo Tisia da Siracusa, per ischivare il pagamento della pattuita mercede (456). Pure sommo grido levò la nuova scuola, non che in Sicilia, ma in Atene, ove il retore siracusano venne a dimorare alcun tempo. Fra i numerosi discepoli di lui fu Gorgia da Leonzio, che di gran lunga lo sorpassò. Seppe costui unire alla sottigliezza di Corace, la copia e la solidità delle idee, che trasse dal sommo Empedocle, di cui era grande amico e discepolo.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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