Se non fosse stato amante delle lettere, Dione non avrebbe potuto concepire la speranza di trarlo a migliori costumi col solo conversar con Platone. Nè il filosofo dopo la mala riuscita del primo viaggio avrebbe impreso il secondo, confortato da tutti i pitagorici. E l’essersi egli dato a fare il pedante per vivere, dopo la sua caduta, non è lieve argomento di esser egli stato nelle lettere colto. La grandiosa opera poi del primo Dionigi, gli straordinarii suoi apparecchi di armi e di navi sommo incremento ebbero a dare alle arti d’ogni maniera. E se la natura del governo non fece, come nell’epoca anteriore, fiorire la eloquenza; non mancarono, durante il regno di que’ due principi, poeti, medici, storici e filosofi insigni.
Nella poesia si distinsero Carcino da Agrigento scrittore di tragedie e di favole, assai caro al primo Dionigi; Pitone da Catana, insigne poeta ed eloquente sì che Demostene ne temea la rivalità; lo stesso Dionigi è da annoverarsi trai poeti che ebbero nome in quell’età; e Carmo da Siracusa, poeta faceto ed argutissimo nel rispondere di rimbecco a coloro che lo motteggiavano, per che era chiamato in tutti i conviti. Gran nome ebbero i due medici Filistione da Catana e Menecrate da Siracusa. Al primo si attribuisce da Galone l’opera «De victu salubri» che va sotto il nome di Ippocrate. L’altro era tenuto da tutti uomo valente; egli si tenea un Dio; ed a tanto giunse la sua follia, che curava gli ammalati senza mercede, a patto che, ristabiliti in salute, lo seguissero sempre; ed ei dava a tutti costoro i nomi di alcun dio; qual si diceva Mercurio, qual Ercole, quale Apollo; ed egli stesso volea esser chiamato Giove.
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