Storici di gran nome furono in quell’età, il ricantato Filisto da Siracusa, soprannominato il piccolo Tucidide, e Policrito da Mene che scrisse la biografia di Dionigi II ed un poema storico sulle cose di Sicilia. E certo numerosi esser doveano i filosofi in un paese, in cui tanto diffusa era la scuola di Pitagora, in cui Platone viaggiò tre volte, in cui i cortigiani stessi, per ingrazianarsi il giovane Dionigi, si mostravan vaghi di geometria e di filosofiche discettazioni; ma tutti vinceva Dione, che fu amato sopra tutti i suoi discepoli ed altamente onorato in tutte le città della Grecia.
Pure se alcun favore ebbero dai due Dionigi le lettere; i pubblici sconvolgimenti che seguirono dopo la morte di Dione; la desolazione in cui era ridotta la Sicilia, quando Timoleonte venne a cacciare Dionigi e gli altri tiranni; i modi violenti usati da Agatocle per giungere al trono e sostenere la sua arditissima impresa; la venuta ostili che no, di Pirro: erano ben atte a spegnerle del tutto. Ma le lettere sono una pianta, che può intristire, quando è mal coltivata, ma non di leggieri può essere svelta, quando ha messe profonde radici; e basta a farla rinverdire un favore passeggiero, anche quando mostra voler perire; e certo i sedici anni di prosperità, che godè la Sicilia, finchè furono in vigore i regolamenti di Timoleonte, valsero a svegliare gli spiriti, sì che, ad onta delle ree vicende, che seguirono sino alla partenza di Pirro, la storia fa onorato cenno di molti che nelle lettere e nelle scienze si distinsero.
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