Gli Archimedi, i Newton, i Cartesî, i Galilei non possono venire tra gl’Iloti; uomini tali è impossibile che non siano primi tra molti buoni. Che così sia ita la cosa, è manifesto dall’osservare che contemporaneamente ad Archimede vivevano i due valenti matematici Scopa da Siracusa e Filea da Tauromenio; Teodoro, profondo interprete delle leggi siracusane, ed i poeti Moschione, Mosco, Sositeo, Teocrito, che onorano il parnasso siciliano. E qui cade in acconcio il considerare, che le due più fortunate epoche dell’antica storia di Sicilia furono quella, in cui, dopo cacciati i tiranni, le città siciliane goderono oltre a cinquant’anni di pace, di ricchezza e di libertà; e quella, in cui regnò Gerone II modello degl’ottimi principi. Nella prima fiorì Empedocle; nella seconda Archimede. E se non si fosse tanto presto perduto il frutto delle grandi imprese di Timoleonte, altri Empedocli ed altri Archimcdi sarebbero surti in Sicilia.
È poi degno di nota, che tutti coloro, che si distinsero nella seconda epoca, appartenevano al regno siracusano; perchè tutte le altre parti di Sicilia erano già cadute sotto la straniera dominazione. Tanto le pubbliche molestie vagliono a sterilire gli spiriti. E ciò anche più manifesto si vede nell’epoche d’appresso.
IV. - Non è da dubitare che le lettere continuarono a fiorire in Sicilia, anche dopo che l’isola divenne provincia romana. Cicerone fa onorata menzione di Sofocle da Agrigento, di Filino da Erbita, di Antemone da Centuripe, di Diodoro Trimarchide da Siracusa, di Enea da Alesa, dì Stenio da Terma, di Furio da Eraclea, uomini colti e facondi, vittime delle nequizie dì Verre.
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