A tali uomini, tutti chiarissimi per lo sapere, per quanto in quell’età lo si poteva essere, venivano affidate l’educazione o l’istruzione dei principi, le principali cariche dello stato, le più cospicue prelature del regno; per tal modo doveano di necessità diffondere nella nazione i loro lumi. A tanto incitamento veniva ad aggiungersi la famosa scuola di medicina di Salerno, la quale, non più ristretta ne’ soli Saracini, divenne una sorgente di sapere, in tanto più copiosa, in quanto la medicina non era allora un’arte venale, ma i personaggi più illustri si recavano ad onore esercitarla. Si sa che l’arcivescovo Romualdo era medico valente, e da lui erano curati i re, i principi, i magnati di Sicilia. Tante ragioni validamente contribuirono a snighittire gl’ingegni, a preparare il risorgimento delle lettere.
VI. - Fu gran ventura per la Sicilia che lo scettro fosse allora venuto nelle mani di re Federigo imperadore, il quale seppe cogliere il frutto di tali preparamenti. Sin dall’adolescenza si mostrò questo principe vago di poetare, ch’è stato sempre il primo gradino della civiltà degli uomini e delle nazioni. Venuto adulto, imparò, oltre la lingua italiana, nascente com’era, e la tedesca, che potevano dirsi lingue sue natie, la francese, la latina, la greca e l’araba; ed in ognuna di esse parlava e scrivea francamente. Fu versato negli studî filosofici, che allora si conoscevano, e procurò di diffonderli in tutto il regno. In Sicilia aprì scuole, e vi chiamò a leggere distinti scienziati stranieri; fondò l’università di Napoli; e perchè, per le perturbazioni nate nel regno nel suo passaggio oltre mare, era stato presso che spenta, rimesso per tutto l’ordine, al suo ritorno, la ristabilì (459), e tanto la fece prosperare che presto divenne l’emula di quella di Bologna; lo stesso studio mise a migliorare la antica scuola di Salerno; fece tradurre dal greco e dall’arabo molte opere filosofiche, fra le quali quelle di Aristostile, ed ordinò che fossero lette non che nelle scuole del regno, ma in quelle di Lombardia; la sua corte era il ritruovo dei poeti, dei suonatori, degli oratori e degli uomini valenti in tutte le arti; stabilì in Palermo un’accademia di poesia e si recava ad onore d’esservi ammesso assieme co’ suoi due figli Enzio e Manfredi.
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