E perchè la regale loro sede era in Sicilia, accade che tutto quello che i precessori nostri composero, si chiama siciliano; il che ritenemo ancor noi, ed i posteri non lo potranno mutare.»
Da quelle parole di Dante, e dal detto di tutti gli scrittori di quell’età, che la lingua italiana si disse ne’ primi secoli lingua siciliana, e che i Siciliani furono i primi a poetare in lingua volgare, nacque l’errore di credere che il linguaggio volgare, o sia il dialetto che si parlava in Sicilia, era quello in cui scrissero quegli antichi poeti, di cui si conserva memoria; che di tal dialetto ingentilito venne a formarsi la più sonora, la più ricca, la più nobile delle lingue moderne; e dalla corruzione di esso venne il presente dialetto siciliano. Ora è facile il mostrare che il dialetto, che allora si parlava in Sicilia, era diverso dal volgare, in cui scrissero i primi poeti; e che esso, lungi d’essere una corruzione di quello, ha una origine assai più antica di quanto comunemente si crede.
VII. - Roma, ovunque portò le sue armi vincitrici, diede ai popoli vinti le sue leggi e la sua lingua. Ma questa lingua non si poteva parlare come in Roma, per essere le altre nazioni use a parlarne un’altra; e però molto ebbero a ritenere dell’antica e molto ad alterar della nuova lingua.
Le parole, come le monete, si logorano coll’uso, tanto che a lungo andare perdono la forma ed il valore. Il popolo comincia ad elidere le consonanti più aspre, e prima delle altre le finali, poi altera il suono delle vocali, aggiunge, toglie, o cambia sillabe, e finalmente dà alle parole suono tutto diverso, e cambia del tutto la costruzione e l’indole del linguaggio primitivo.
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