Quanto ciò sia stato facile ad accadere può argomentarsi dal vedere da per tutto in Sicilia contadini, paltonieri ed altre persone minuali, che, senza conoscere pure l’A, senza sapere che sia al mondo cosa che si dice poesia, schiccherano all’improvviso ottave e canzoni, nelle quali i versi sono sempre giusti, le rime naturali ed i pensieri per lo più spiritosi. Nè ad altri poeti appartengono le canzoni amorose, che da per tutto in Sicilia vanno cantando le foresi, i pastori, i bifolchi ed i mulattieri. E quando vedi il giovane contadino siciliano la sera d’estate andar per le strade col cembalo, e con musica tutta particolare cantar versi d’amore sotto la finestra della fidanzata, non puoi fare che non ti torni in mente quanto narra Matteo Spinello sotto l’anno 1258 di re Manfredi, cioè: che spesso la notte esciva per Barletta, cantando strambotti e canzoni: ed iva pigliando il fresco: e con esso ivano due musici siciliani, ch’erano grandi romanzatori. E dello stesso Federigo si narra che una sera poco mancò che non assagiasse il mazzero d’un barbiere di Palermo, che abitava presso il real palazzo, sotto la cui finestra veniva il re imperadore travestito a cantar versi d’amore, per vagheggiarne la moglie.
Da ciò può conoscersi quanto un tal costume sia antico in Sicilia; e dal vedere che un tale uso sia comune alla Spagna ed alla Sicilia, potrebbe con qualche fondamento credersi, ch’esso sia retaggio degli Arabi, forse perchè, vietando la legge musulmana ogni diritta corrispondenza fra’ due sessi, era necessario che l’amante facesse conoscere i suoi sentimenti alla sua donna da lontano, col canto.
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