E forse ancora è retaggio degli Arabi la stranissima modulazione con cui il volgo canta tali canzoni, che consiste nel prolungare a voce altissima, sino a perdere il fiato, le vocali cantilene, che non può aver avuto ad esempio nè la musica sacra, nè la musica profana.
In ogni modo poi non è da dubitare che, sia che i Siciliani avessero avute dagli Arabi o dai trovatori la prima pinta a poetare nell’idioma volgare, que’ loro primi saggi poetici ebbero ad essere più radi de’ radissimi di Ciullo d’Alcamo; che le costui poesie furono un primo passo verso il miglioramento; e che per la protezione di Federigo ed il concorso di tutti i bell’ingegni di Italia alla sua corte, la poesia e la lingua s’accostarono alla perfezione. Ma di tanta luce nata in Sicilia altre più fortunate regioni d’Italia vennero a cogliere il frutto. Per la Sicilia fu un lampo fugace. La letteratura siciliana, che, dopo secoli d’oscurità, rinasceva per le cure di Federigo e di Manfredi suo figliuolo, tosto ricadde nel bujo onde cominciava ad emergere, per la morte immatura del primo, e le ree vicende e la tragica fine dell’altro. Di che dopo lunga digressione siamo per far parola.
CAPITOLO XXIX.
I. Prime operazioni di Manfredi. - II. Venuta di Corrado in Italia Sua morte. - III. Stato del regno. Innocenzio IV occupa il regno. - IV. Nuove brighe tra lui e Manfredi. - V. Si ripiglian le armi. Battaglia di Foggia. - VI. Morte d’Innocenzio IV. - VII. Nuova invasione de’ pontificii. Battaglia di Siponto. - VIII. Parlamento di Barletta.
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