Certo che se la storia non somministrasse fatti da render palesi le grandi qualità di Manfredi, tal misero elogio servirebbe solo a farle mettere in forse.
Morto il re imperadore, prima cura di Manfredi fu di eseguirne la volontà con farne trasportare in Palermo il cadavere. Era questo portato in una lettiga, coperta da un panno di seta scarlato; vi stavano intorno la sua guardia del corpo di dugento fanti saracini e sei compagnie di cavalli; lo seguivano alcuni baroni vestiti di gramaglia. In ogni terra o città, in cui la scorta entrava, con gran corrotto proclamava il nome del trapassato monarca. Imbarcato a Taranto, venne il cadavere a Palermo, e fu deposto nel duomo, in uno degli avelli di porfido, che re Rugiero I avea donati alla chiesa di Cefalù, e Federigo ne li avea tratti, con dare alla chiesa un feudo in cambio.
Adempito questo primo atto della sovrana volontà del principe, Manfredi destinò il suo minor fratello Arrigo, come suo vicario, a governare per lui il regno di Sicilia, tenendo per se il governo della provincia di Puglia e Terra di Lavoro; e, perchè Arrigo era fanciullo, a lui accompagnò, per governare in nome di lui. Pietro Ruffo, ch’era stato uno de’ più fidati ministri del morto re imperadore.
In questo, papa Innocenzio IV, che credeva dì aver vinto del tutto la prova per la morte di Federigo, avea tosto spedito suoi brevi a Napoli ed in tutte le città e castella de’ baroni, pei quali ordinava che non prestassero obbedienza a verun altro, che da lui non fosse spedito, per essere il regno già devoluto alla Chiesa.
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