Mentre tali cose accadevano nella provincia, non meno sconvolto era stato il regno. Il ricantato Pietro Ruffo conte di Catanzaro, sottrattosi a qualunque dipendenza del principe, non da vicario di lui, ma da assoluto signore governava il regno; intantochè quando Manfredi, venuto la prima volta in Nocera, raccattava genti da tutte le parti e spedì a lui messi, per mandargli que’ maggiori soccorsi che poteva dalla Sicilia e dalla Calabria, quel conte pretese di fare intorno a ciò un trattato d’alleanza come se fosse un sovrano indipendente; ed il principe, a scanso di maggior danno, ebbe ad acconsentirvi. Nè contento a questo, senza farne alcun cenno al principe, fece coniare in Messina molta moneta, in nome di re Corrado II bensì, ma di qualità tanto cattiva che ne crebbe la pubblica indignazione contro di lui.
Palermo fu la prima a levarsi in capo, e sullo esempio di Palermo, Patti, Argirò, Caltagirone, Terranova, Vizzini, Avila, Piazza, Mistretta, Polizzi, Cefalù, Castrogiovanni, Asaro, Nicosia e le terre vicine ribellarono. Venne fuori con armata mano da Messina il Conte di Catanzaro, per sotttometterle; ma mentre correva ad assediarne una, se ne ribellava un’altra; il perchè senza frutto fece ritorno in Messina; ma come vi giunse anche quel popolo si levò a sommossa, accerchiò il palazzo in cui albergava, e male gliene sarebbe incolto, se non avesse pattuito co’ Messinesi di abbandonar la città e l’isola, e recarsi nelle sue terre di Calabria, consegnato i castelli di Milazzo, Monforte, Calatabiano, Francavilla, Castiglione, Rametta, Scaletta e Taormina.
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