Venuto in Calabria, unito a’ suoi nipoti Giordano e Federigo avea cominciato a ribellare le città, che al principe eran fedeli; e quasi tutta la provincia s’era voltata alla parte papale.
Sapute tali novità, Manfredi, mentre cercava di ridurre all’obbedienza Oria e le altre città di Terra-d’Otranto, destinò suoi capitani in Calabria Gervasio la Martina e Corrado Truide, con buon nervo di fanti e di cavalli. Venne fatta a costoro di espellere dal regno il conte, che rifuggì in Napoli presso papa Alessandro IV. Dei suoi nipoti, Giordano fu preso, Federico si ritirò nei suoi castelli di Santacristina e Bersalino, ove per l’inaccessibilità dei luoghi si difese gran tempo.
In questo mezzo tempo, uno sciame di fratri, mandati dal papa in Sicilia; eran venuti predicando in tutte le città una crociata contra Manfredi, spargendo a zeppo indulgenze, per indurre gli uomini a guerra civile. Nell’anarchia, in cui restò il regno, dopo la partenza di Ruffo, venne facile a costoro guadagnare la plebe, che ne’ pubblici disordini è sempre la più forte, a soffogare la voce del popolo, che, ove manchi di capo, è nullo. E però tutte le città di Sicilia riconobbero l’autorità del papa, ed erano governate da un fra Roscio francescano, che col carattere di legato apostolico risedeva in Palermo. Solo i Messinesi non vollero sentir verbo nè di papa nè di re; cominciarono a reggersi a popolo; scelsero un potestà ed altri magistrati repubblicani; e per estendere il dominio loro nel continente, spedirono una torma di altra plebaglia che, valicato il faro, venne ad unirsi alla gente di Ruffo, per far fronte ai due capitani, ed assalì e mise a sacco Seminara.
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