Ma soprappresi dai due capitani e dalla stessa gente di Seminara, che loro corsero sopra, alcuni furono presi, assai più ne perirono, od uccisi o precipitando dai monti, mentre erano inseguiti.
Breve ebbero vita in Sicilia la repubblica di Messina ed il dominio del papa. Manfredi destinò suo vicario in Calabria ed in Sicilia il Conte di Squillaci suo zio, il quale trovò la Calabria già tornata all’obbedienza del principe, tranne quei due castelli tenuti da Fulcone Ruffo. Mentre stava a governare quelle provincie, il vicario per suoi messi, secretamente spediti in Sicilia, veniva incuorando il partito reale, che era in quei dì oppresso dalla fazione papale; e tanto fece, che levò la testa. I Palermitani carcerato fra Roscio, cacciati tutti i mandatarî di Roma, si dichiararono in favore del principe; moltissime altre città fecero lo stesso; ed accozzando le forze rispettive, vennero a formare un esercito, discorrendo l’isola, cacciava da per tutto i papeschi, capo dei quali era un Ruggiero Fimato, che tenea Lentini. Era stato costui bandito da re Federigo imperatore; richiamato da Pietro Ruffo, riuniva intorno a sè tutti i nemici del principe, e fattone numerosa schiera, venne contro l’esercito siciliano presso Favara, ove quella gente fu del tutto sconfitta.
Ottenuta quella vittoria, l’esercito siciliano si diresse a Messina. Al suo avvicinarsi, i maggiorenti della città si dichiararono pel principe; il podestà, conosciuto che in tale disparità di voleri non potea sperare di potersi a lungo la città difendere, imboscatosi andò via.
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