III. - Corradino intanto, passando presso Tivoli, ove s’era ritirato papa Urbano, s’avvicinava a Roma. Tanto numerosi ivi erano, massime in quel momento, i ghibellini, che armati ed ordinati gli vennero fuori ad incontrarlo, che avrebbe potuto credersi che correvano a combatterlo, se non fossero stati ghirlandati tutti. Con tale accompagnamento entrò Corradino in quella città, libera un dì, e padrona del mondo, ridotta poi a prostituirsi ad ogni straniero, che ne affettava il dominio (498). Le dimostrazioni pubbliche di giubilo furono allora a gran pezza superiori a quelle, con cui non guari prima era stato accolto Carlo d’Angiò. Va e conta sugli osanna della moltitudine! Ed ove lo scriba del sacro palazzo assicura che gli applausi fatti a Corradino furono mossi da libera volontà del popolo (499), ci dà grande ragione di sospettare che la prima volta non lo siano stati.
Nel venire fuori da Roma, oltre il principe Arrigo di Castiglia e ’l duca d’Austria, accompagnavano Corradino i conti Galvano Lanza con suo figliuolo, Gerardo di Pisa, Guido di Montefeltro, Corrado d’Antiochia ed i primi fra ghibellini romani Giacomo Napoleone, il conte Alebarcucio di S. Eustachio, Stefano Normanno, Pietro Romano, Giovanni Arlatti, gli Anibaldi, i Surdi ed innumerevole gente di minor nome. V’era oltracciò gran numero di baroni e militi tedeschi, lombardi, toscani, romani; e tutti gli esuli del regno. Insomma era quell’esercito tanto numeroso, che Corradino, dopo due giorni di marcia, prima di varcare i confini del regno, rimandò tutta la bordaglia romana, che lo avea accompagnato, e solo ritenne la milizia cappata.
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