E ’l Procida: Or se taluno vi levasse da tanto affanno, lo meritereste voi d’alcuna cosa? Io lo meriterei di quanto posso, l’altro rispose: ma chi sarà costui che vorrà por mente a me, e mettersi a tanta impresa? Io sarò quel desso, che unito al vostro ajuto il mio consiglio, potrò destare a Carlo tali brighe a casa sua, da non poter più pensare a straniere e lontane imprese. E qui venne esponendo com’era necessario soccorrere di danaro il re d’Aragona, per fare lo appresto necessario per raccattare e difendere la Sicilia. Il Paleologo scrisse allora una lettera al re di Aragona, nella quale gli offeriva tutti i suoi tesori. Avuta tale lettera, messer Giovanni fece giurare il Paleologo, a tenere il più alto silenzio intorno a ciò; ed intanto promise di andare egli stesso a recar la lettera al re d’Aragona e concertare ogni cosa. E, perchè la sua partenza non desse sospetto, volle che l’imperadore si mostrasse di lui malcontento; in presenza, non che dei Greci, ma degli stessi Latini amici suoi, lo chiamasse traditore e lo bandisse dalla corte.
Il finto bandito, messo su un abito di frate minore, da Costantinopoli venne in Sicilia; e chiamati Alaimo conte di Lentini, Palmiero Abate, Gualtiero da Caltagirone ed altri dei baroni del regno, disse loro: Miseri malavventurati e maltrattati, sono forse impietrati i vostri cuori? Non vi muoverete mai? Vorrete esser sempre servi, potendo esser signori; nè vorrete mai vendicare le ingiurie e le onte vostre? A ciò tutti risposero che non manco di cuore li tenea, ma la certezza che vano sarebbe ogni loro sforzo a fronte delle prepotenti forze dell’oppressore.
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