Qui messer Giovanni aggiunse: ben potere egli fare la sua vendetta, con far levare a Carlo il regno di Sicilia. A ciò papa Niccola, il quale, comechè nemico di Carlo ed irato, pur sempre era papa, levate le ciglia disse: il regno di Sicilia è della Chiesa. L’astuto Giovanni, senza negare od affermare il dritto dei papi, rispose: io lo farò fare a tal signore, che sarà sempre fedele alla Chiesa, le pagherà il censo, e non isdegnerà di far parentela con voi; ma non disse chi costui fosse, se prima il papa non giurò sull’anima sua di tenere il tutto celato. Prestato il sacramento, messer Giovanni gli mostrò per filo e per segno tutte le operazioni fatte e da farsi. Il papa ne fu oltremodo lieto, e scrisse una lettera a re Pietro, nella quale lo incuorava all’impresa e lo benediceva. Tale lettera suggellata non colla bolla solita di piombo, ma col suggello secreto del papa, messer Giovanni ripose colle altre e corse in Catalogna.
Ivi giunto, si condusse in presenza di re Pietro, dal quale fu, come tutti gli altri profughi del regno, ben accolto; pure stette alcun tempo prima di palesare a quel re l’oggetto della sua venuta. Un dì che il re seco lo condusse in Majorca, gli disse: io ho da parlarvi di cosa, che non conviene sapersi, se non da Dio e noi due; perocchè al palesarsi potrebbe portare la distruzione vostra e del vostro legnaggio. Giuratogli credenza il re, messer Giovanni soggiunse: re Manfredi lasciò il regno di Sicilia a vostra moglie, sua figlia; e voi, come debole e codardo, non avete mai tentato di raccattarlo; vi sovvenga di vostro avo ucciso a tradimento da’ Francesi nel castello di Murello in Tolosa; ora, se volete esser provvido ed ardito, potete vendicar l’ingiuria e far valere i dritti vostri.
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