Egli è ben da maravigliare, che una congiura tanto estesa, nella quale tanti governi e tutti i baroni siciliani avean preso parte, fosse stata ordita da un solo uomo e tenuta così celata, che re Carlo non n’ebbe pur sospetto. Non lieve argomento è questo della sagacità del Procida e dell’odio dei Siciliani al governo angioino.
IX. - Pure i grandi preparamenti di guerra del re Pietro diedero ombra al re Filippo di Francia, il quale per suoi ambasciadori chiese all’Aragonese contro qual setta di Saracini intendea volger le armi, offrendogli al tempo stesso ogni maniera di soccorso. Re Pietro rispose esser vero se avere in animo di andar sopra i Saracini, ma non esser prudente palesare in qual parte. La stessa dimanda gli fu fatta dagli ambasciatori di papa Martino, ed egli, non che negossi a mostrargli l’animo suo, disse che se la sua destra palesasse i segreti suoi alla sinistra, la farebbe troncare.
Fornito l’appresto, re Pietro si recò coll’esercito in Barbaria e cominciò a guerreggiare con quei mori. Mentre così tutto era preparato, un caso avvenne, per cui tante macchinazioni furono di leggieri recate ad effetto.
X. - Era la Pasqua del 1282. Costumavasi sin d’allora in Sicilia andare in que’ dì festivi a diporto nelle campagne attorno le città. Il terzo dì dopo la Pasqua (29 marzo 1282) il popolo palermitano concorrea in gran folla nelle pianure presso la chiesa di S. Spirito, ov’è ora il Campo Santo. Comechè fosse allora stato costume di portare e spada e lancia, pure Giovanni da S. Remigio giustiziere del val di Mazzara avea bandito, che nessuno in quei giorni, pena la vita, potesse portare armi.
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