Un soldato francese, Droghetto di nome, vista in quella torma una bella ragazza, comechè accompagnata fosse da tutti i suoi, accostatosele (in tanto disprezzo tenean costoro i Siciliani), fingendo esser venuto in sospetto, ch’ella avesse avuto alcun pugnale sotto le vesti, le pose le mani in seno.
A quell’atto la vereconda donzella mise un grido e svenne; gli astanti ne furono presi di orrore e di rabbia; un giovane più audace degli altri, corse sopra quel francese, trattogli la spada dal fianco, ne lo trafisse. Tutti fecero plauso e tutti si diedero a gridare (ne mancava chi gli aizzasse): Muojano i Francesi. Quanti ne erano presenti, furono in un attimo messi a morte a furia di sassi. Quindi il popolo corse furibondo in città, facendo strage di tutti i Francesi, che erano sparsi per le strade. Il sangue muovea nuova sete di sangue. Datisi a frugar per le case i Palermitani, donne, vecchi, fanciulli, bambini lattanti, erano miseramente scannati; anzi non contenti di dar la morte alle madri, quando le trovavan gravide, aperto loro il ventre, ne traevano il feto e lo mettevano in pezzi. L’abito sacro, i sacri luoghi non furono schermo ed asilo, chè il popolo penetrava ne’ chiostri dei frati francescani e domenicani, ch’erano i più zelanti partigiani del papa e di Carlo, e quanti di essi parlavano la lingua francese, erano scannati fin nelle chiese. Lo stesso giustiziere ferito in volto era fuggito da Palermo e corse a cercar ricovero nel castello di Vicari: ma in quelle campagne fu messo a morte da una banda di Caccamesi.
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