Queralta riprese da prima lo scoramento loro e poi propose di chiamare dall’Affrica vicina il re Pietro d’Aragona, il quale colle forze ivi adunate potea ben difenderli e il dovea, come colui cui il regno legittimamente si appartenea, per esser marito della regina Costanza figliuola del re Manfredi. Tutti ad una voce assentirono ed issofatto furono scelti frai baroni e fra i sindaci ambasciatori a re Pietro per offrirgli la corona di Sicilia.
XI. - Re Pietro al ricever gli ambasciatori siciliani mostrossi tutto nuovo dell’accaduto, finse esser dubbioso e chiamò i suoi capitani a consiglio, molti dei quali lo sconsigliarono ad entrare in quella lizza coll’Angioino e col papa. Ma Pietro che già da lung’ora avea preso il suo partito, rispose agli ambasciatori siciliani, di tornar lieti in Sicilia, che presto gli avrebbe raggiunti. Congedati poi coloro fra suoi, che nicchiavano a seguirlo, rimbarcatosi cogli altri, venne in Trapani e quindi in Palermo (30 agosto 1282), ove fu accolto colle più liete esultazioni. E da quel momento in poi assunse pubblicamente il titolo di re di Sicilia (519).
Il parlamento allora scrisse una lunga lettera a papa Martino, nella quale enumerava prima tutte le gravezze dai Siciliani sofferte sotto il governo angioino, soggiungeva in fine, avere i Siciliani, scosso appena il giogo, inalberato le armi pontificie ed offerto il regno a lui stesso, ma respinti, eransi rivolti a pregare istantemente il re Pietro d’Aragona ad accettar la corona, il quale con pochi seguaci era già venuto in loro soccorso (520). Se (e convien crederlo) tale lettera fu scritta per insinuazione dello stesso re Pietro, ciò fu per dare una pubblica prova d’esser egli stato chiamato da’ Siciliani; onde non potersi dir invasore de’ dominî altrui.
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