XII. - Poco stette re Pietro in Palermo, avendone dovuto presto partire per correre in soccorso di Messina, strettamente assediata da re Carlo, il quale avuto appena in Roma, ove allora trovavasi, avviso della perdita della Sicilia, avea rivolto a Messina tutte le forze preparate per la spedizione contro il Paleologo: ma come il papa e i cardinali aveangli raccomandato di tentar la via della pace, prima di usar la forza, era seco venuto come legato pontificio il cardinal Gerardo di Parma, il quale ammesso in città nulla avea lasciato intentato per indurre i Messinesi a tornare all’obbedienza dell’Angioino; ed essi spaventati dalle grandi forze di re Carlo mostravansi inchinati a venire all’accordo, purchè si promettesse loro di levare tutte le gravezze, da quelle in fuori, che pagavansi sotto Guglielmo II; di non esser conferita alcuna carica nel regno a’ Francesi; e di perdonarsi loro il delitto della passata rivolta. Re Carlo respinse orgogliosamente la proposizione. Rotto il trattato, il cardinale, scomunicata ed interdetta la città, si partì. I Messinesi, tolto coraggio dalla disperazione, giuraron difendersi sino all’ultimo fiato; e ben tennero il giuramento. Vano fu il valor de’ soldati francesi, vano il tempestar delle macchine, i Messinesi mostraronsi sempre più arditi, più pertinaci di prima. Finalmente dopo due mesi di assedio la città, stretta in terra dall’esercito, chiusa in mare dall’armata, erasi ridotta affatto strema di viveri.
Re Pietro fece precedersi da’ suoi messi, i quali in suo nome intimarono re Carlo a sgombrare dal regno.
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