Non potea l’Angioino sgozzare tanti affronti; e però mandò un cartello a re Pietro, il quale accettò la sfida. Fu convenuto che i due re doveano trovarsi in un giorno posto, menando ognuno seco cento cavalieri, ne’ campi di Bordeaux, luogo che teneasi per entrambi sicuro, per esser quella città posta in provincia allora appartenente ad Eduardo I re d’Inghilterra comun loro cugino; al cui maliscalco fu dato lo incarico di vegliare per impedire qualunque sopruso.
Non era questo un semplice grillo cavalleresco di Carlo; ma visto di non potere stare a fronte dell’Aragonese in aperta guerra, ebbe ricorso a quell’inganno, con animo di allontanarlo dalla Sicilia, onde trovar qualche via di suscitare alcun torbido; e trattolo al luogo della sfida, se non gli veniva fatto di vincerlo lealmente, farlo opprimere a tradimento. Però avea disposto che gran numero di cavalieri francesi, oltre i cento che seco dovea menare, colà si recassero, come per essere spettatori, mentre di presso dovea tenersi Filippo re di Francia, suo nipote, con un’altra banda d’armati.
II. - Re Pietro intanto convocato il parlamento in Messina, ivi espose il motivo della sua partenza; raccomandò alla fedeltà loro la moglie ed i figli; e dichiarò vicario del regno Guglielmo Calcerando, gran giustiziere Alaimo conte di Lentini, gran cancelliere Giovanni di Procida e grand’ammiraglio Rugieri di Lauria. Gualtieri di Caltagirone, che fra’ primi era stato a promover la rivolta, avea cospirato contro il governo aragonese, ed in pena ne riportò poi una co’ complici l’estremo supplizio.
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