Un Guglielmo Trara siciliano, fattosi avanti colla sua galea, venne alle mani con quattro galee francesi, dalle quali fu preso: ma corsero tosto in suo ajuto le galee di Melazzo, di Lipari e di Trapani; a misura che altri legni francesi accorrevano in ajuto dei primi, si fecero avanti le galee di Siracusa, dì Augusta, di Catania e di Taormina, e finalmente quelle di Cefalù, di Terranuova, di Alicata e di Sciacca; il Trara fu liberato; la mischia divenne allora generale, ostinata, sanguinosissima; perchè tutto il resto dei legni siciliani corse sopra l’armata nemica. La valorosa difesa de’ Francesi servì solo a render più gloriosa la vittoria dei Siciliani. Trenta sole delle galee nemiche si salvarono colla fuga: quaranta ne fur prese, e con esse tutti que’ conti che le comandavano, oltre a quattromila gregarî. Tanta commozione produsse in Napoli quella disfatta, che se un solo avesse avuto cuore di alzar la voce, la città si sarebbe dichiarata per re Giacomo. Ben lo temettero il conte d’Artois e ’l cardinal di Parma, legato pontificio, e v’accorsero a tempo; chè l’ammiraglio Lauria, mandati in Sicilia colle prese galee i prigionieri, con trenta galee presentossi avanti quella città, ove, datagli grossa somma di denaro, conchiuse col conte di Artois una tregua in mare di due anni senza averne permesso dal re. Di che ne ebbe poi mala voce da tutti i ministri, e ne avrebbe riportato severo gastigo, se i suoi segnalati servigi e l’amicizia del gran cancelliere Giovanni di Procida, che prese a difenderlo, non lo avessero salvato.
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