Giunto dopo ciò in Aragona, avea trovato morto re Pietro e ritirato l’esercito francese: e però Alfonso avealo ritenuto prigione. Minacciato poi di nuovo dalla Francia, era venuto a liberarlo, ricevuti in vece di lui tre de’ suoi figliuoli in ostaggio; obbligandosi a tornare volontariamente prigione, se ivi ad un’anno non si fosse conchiusa la pace tra la Francia, l’Aragona e la Sicilia.
Sedea allora sul trono pontificio Niccolò III; a lui presentatosi Carlo in Rieti, ed espostogli la convenzione fatta in Cefalù e ’l suo giuramento, il papa gli vietò di tener la promessa, e coronollo re di Sicilia; perlocchè si venne di nuovo alle armi. Nuova tregua si conchiuse l’anno appresso, durante la quale l’ammiraglio Loria, per non lasciare oziosa l’armata, con sedici galee recossi in Levante, e carico di spoglie di schiavi saracini e di cristiani liberati tornò in Sicilia.
V. - Nell’anno 1290, spirata già la tregua, re Giacomo era passato in Calabria per compire la conquista di quella provincia, di cui una parte era stata già prima sottomessa. Ivi gli giunse la notizia d’esser morto il suo fratello Alfonso senza prole; onde fatto subito ritorno in Sicilia, convocato il parlamento, vi pubblicò la notizia della morte del fratello; mostrò la necessità di accorrere a dar sesto al nuovo regno, protestò il suo amore pe’ Siciliani: ma non lasciò, come dovea, il regno al fratello Federigo, lasciò bensì costui suo vicario per governarlo in suo nome, e partì.
Il buon Federigo, che allora contava appena diciott’anni, e fe’ mostra di sgozzare il torto, nè parlò del suo diritto al regno; perchè assai erano i baroni catalani, ed aragonesi venuti col padre, o chiamati dal fratello, i quali si sarebbero certamente opposti ad ogni sua pretensione: ma in quella vece cominciò con sagace politica a careggiare il popolo.
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