Il re rigettò da prima la proposta. Gli stavan sul cuore la costante nimicizia di quel conte e ’l sangue di Manfredi e di Corradino, che gridava vendetta: pure, generoso com’era, lasciossi piegare. Il conte giurò di render la terra e tutta la contea colle castella in essa comprese e le loro munizioni, se fra quaranta giorni re Carlo, non fosse venuto in loro ajuto.
La sommissione del conte di Catanzaro, come il re avea ben preveduto, indusse tutti gli abitanti di quella provincia, che terra Giordana allora diceasi, a rendersi agli stessi patti, tranne il feroce Locifero arcivescovo di S. Severino, di cui dice lo storico Speciale, che invece di sacrificare a Dio la sacra ostia e ’l divin sangue, immolava ai principî temporali la carne degli uomini e ’l loro sangue colle sue man spremuto.
Mentre che stavasi ad aspettare lo spirar di quella tregua, il re tratto dall’amenità del sito andò a fermarsi coll’esercito presso Cutrona. Intanto per soccorrere Rocca-imperiale strettamente assediata dal conte di Monforte il re ordinò al grand’ammiraglio di accorrervi e tentare ogni via per introdurre nella piazza que’ viveri, di cui scarseggiava. Il Loria, lasciate colà dodici galee sotto il comando dell’ammiraglio Pietro Salvacoscia da Ischia, tolta sulle navi una mano di cavalieri e di scelti fanti, colà si diresse. Ivi fu sopraggiunto da frat’Arnaldo dì Ponzio, priore di sant’Eufemia. Era costui degno emulo dell’arcivescovo di S. Severino. Rinnegata la povertà e la vita eremitica, di cui avea fatto voto a S. Giovanni, datosi al mestiere dell’armi, facea in quelle parti la guerra per re Federigo.
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