Colla costui direzione il grande ammiraglio, posta una gran quantità di frumento ed altro camangiare in groppa ai cavalieri e indosso ai fanti, nel silenzio della notte l’introdusse in città. Fornita quell’impresa, portossi a sorprendere Policuri. Ivi, come in luogo sicuro, avea il nemico riposto i viveri e quanto gli facea mestieri in quella guerra; ed oltre ai cittadini vi avea lasciati a guardia cento soldati; ma colti all’improvviso, pochi ne poterono scappare, gli altri una colla roba caddero in potere del grand’ammiraglio, il quale carico di prigioni e di prede si diresse a Cutrona.
Mentre tali fatti seguivano e l’esercito siciliano stava ozioso sotto le mura di Cutrona ad aspettare lo spirar della tregua, accadde una rissa fra i cittadini di Cutrona e i soldati francesi che v’eran di guarnigione. Si venne alle mani: si combattè per le strade. Alcuni dei cittadini d’in sulle mura chiamarono in soccorso i Siciliani. I marinari delle dodici galee colà rimasti, senza curar la tregua, vaghi di preda vi accorsero; i Francesi respinti da per tutto si ritrassero nel castello; ma furon presi da tale spavento che non seppero opporre resistenza; onde quel castello in un attimo fu preso dai marinari inermi e posto a sacco ed a ruba. Era nel meriggio: il re dormiva nella sua tenda. Svegliatosi in sussulto alle grida, saputane la cagione, inerme com’era, presa la sola spada corse in fretta per far ritirare i suoi, ma non fu a tempo. I marinai già ritornavano carichi di preda. Visto il re, altri si ascosero, altri, deposta la preda, fuggirono, altri sopraggiunti da lui, di sua mano fur messi a morte.
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