Era ivi giunta poco prima una banda di seicento cavalieri francesi, i quali allo avvicinarsi dell’armata siciliana si posero in agguato, il Loria, cauto com’era, conoscendo il sito atto alle insidie, sbarcata la sua gente, la vallò con palizzate ed altre maniere di ripari, e poi si die’ a devastar quelle belle campagne, per le quali correva un fiume, con sur esso un ponte. Quei cavalieri, che stavan sopra i guastatori, tratti dall’amenità del paese, dilungatisi da essi, passato oltre il ponte, dieronsi a passeggiare per que’ campi e per quelle fonti. Il Loria, quasi presago del soprastante pericolo, spronato il ronzino, corse a loro, per farli ritornare di là dal fiume. In quel momento, sbucati i Francesi, corsero per occupare il ponte, onde, restando i cavalieri divisi dai guastatori, lontani dal campo e dall’armata, dovettero rendersi prigioni, e già Goffredo di Joinville loro capitano, con un suo nipote, seguiti da tutta la schiera avea occupato più che la metà del ponte. Pellegrino di Patti e Guglielmo Palotta, volendo spender la vita per salvare i compagni, corsero soli ad opporsi a tutta la schiera nemica. E ben lor venne fatto, chè feriti in più parti, coperti di sangue, non fu possibile a’ Francesi svellerli dal posto, finchè il Lauria, lasciato il ronzino, salito sul destriere, seguito da tutti gli altri accorse a rinfrescare la mischia, che il solo coraggio potea render pari; dacchè il numero dei Siciliani era a gran pezza inferiore a quello dei nemici. Pure la pugna, non che ostinata, era spaventevole innanzi ad ogni altra; chè non le sole armi davan la morte, ma per la ristrettezza del ponte ad ora ad ora, quinci e quindi, molti de’ combattenti precipitati dal ponte annegavan nel fiume.
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